IL BAR DEL REPARTO.
Chiacchiere in libertà intorno al mondo dell'audio e della musica suonata e registrata Curato, quando può e ne ha voglia (rarissimo!) da Diego. |
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di Diego Bergamini, architetto, fonico. basato sulle considerazioni di Fedele De Marco, TCA e sound engineer con la collaborazione del TCA architetto Sergio Morandi - EDIT - Rispetto a quando ho scritto questo post, sono ora anche io abilitato alla professione come TCA; non cambia molto il senso della cosa, ma facendo l'esame di ammissione all'albo ho scoperto che le leggi sono molto più fluide di quanto pensassi qui, e soprattutto che cambiano a una velocità spaventosa, oltre che ad essere molto diverse geograficamente. Prendete quindi questo scritto come una PROPOSTA DI LAVORO e non come accademia. Grazie! - FINE - Nonostante la legge al riguardo sia in giro ormai da un po', è solo ultimamente che cominciamo a notare, durante gli eventi live ai quali forniamo le nostre prestazioni, una decisa attenzione all'impatto sonoro complessivo che ha la manifestazione sul vicinato. Francamente non possiamo che essere d'accordo con le linee generali di questa impostazione, poiché si deve limitare al massimo possibile l'inquinamento acustico su chi vuole dormire (perché per sfiga oltre a fare un gran baccano lo facciamo pure di notte...), oltre ad avere un occhio - orecchio di riguardo verso l'udito del pubblico che non può essere devastato da volumi insopportabili. Capita poi, pratica che come andremo a vedere è abbastanza errata, l'organizzatore faccia firmare un foglio di scarico responsabilità verso il fonico: come se esso fosse il solo responsabile del volume della serata, e soprattutto come se avesse le competenze e il titolo per poter valutare correttamente l'impatto acustico. Innanzitutto, prendo le mosse da Fedele De Marco, punto di riferimento per tutti noi, che sul suo blog "Il Lato Oscuro della Fase" posta un articolo assolutamente necessario per la comprensione di quello che andremo a dire, e potete trovare l'articolo a questo indirizzo Le normative sono due, una che identifica i locali dove si fa musica/intrattenimento danzante, ecc., e un'altra che invece copre le manifestazioni temporanee. Al chiuso, non si possono superare i 95dB LeqA (ripasso velocissimo: è il valore medio dell'emissione acustica integrata nel tempo, che la normativa ha giustamente sostituito al valore inizialmente previsto di LASmax); nei concerti temporanei la cosa è più complicata e tira in ballo i piani acustici del rumore comunali. Quindi in un normale concerto in piazza possiamo incontrare due situazioni: 1 - l’organizzatore ha ottenuto deroga ai limiti di rumore ambientale; la deroga non è illimitata ma prevede orari e livelli sonori variabili a cui è necessario attenersi e quindi potremmo avere ad esempio limiti di 85 db fino alle ore 24; 2 - l’organizzatore non ha deroga (forse nemmeno sapeva che poteva chiederla) e a quel punto disastro totale, con limiti probabili di 40 db istantanei alla finestra della casa più vicina. In questo ultimo caso consiglierei di non firmare niente e anzi di pretendere manleva delle responsabilità per inquinamento acustico da parte dell’organizzazione. Posto che la normativa pone come obbligato in solido anche chi usa l'impianto (cioè il fonico, quindi sono anche ca*** nostri!!!), all'atto pratico sappiamo bene che un concerto live non è mai un disco messo dal DJ. Un impianto tarato e limitato per non superare una certa soglia, infatti, è l'unica emissione nel caso di un DJ set, ma non è che uno dei componenti dell'emissione di un live! Quante volte da fonici ci siamo trovati - parlo ovviamente di situazioni piccole, e questo è l'intento del mio post, ché i fonici di Modena Park hanno altro a cui pensare - che la batteria semplicemente suonata acustica era già alta? Che i tre o quattro amplificatori 4x10 (diolimaledica!!) dei musicisti già superavano ogni soglia del concepibile? E che in questo marasma, per sentire qualcosa, tutti chiedevano volumi a cannone nei monitor? Ci si trova così, a impianto SPENTO, già molto oltre la soglia imposta. C'è poi il pubblico che urla (in certi miei concerti il momento più alto di volume è stato all'ingresso dei musicisti sul palco, per poi goderci in tranquillità ampiamente nei margini un quartetto jazz per il resto della serata). Ditemi voi che colpa ne ha il fonico a questo punto, a parte trovarsi lì e non cercarsi un lavoro vero. In più deve in qualche modo far uscire un mix decente, quindi alzando nell'impianto quello che manca: voci, tastiere... non si finisce più. Ovviamente tutto questo nasce da enormi errori di fondo, anche dei musicisti, di luoghi per lo spettacolo non idonei (tensostrutture, locali pesantemente riverberanti e senza trattamento acustico, con enorme presenza di suono riflesso), e di mancanza di comunicazione; ma ci sono anche generi che richiedono un po' di pressione sonora, è innegabile. E poi cisono anche fonici audiolesi da anni di volumi a cannone. Insomma, una giungla. Del resto non volete essere voi ad andarci di mezzo se arriva un bel controllo no? Ecco una mia proposta di lavoro. Posto che gli unici che possono parlare con competenza e abilitazione sono i TCAA, Tecnici competenti in acustica ambientale, anche noi potremmo al nostro mixer cercare di stare in certi parametri. Il problema di una misurazione Leq, ovvero integrata nel tempo di misura, è che quasi nessuno di noi possiede un costoso fonometro integratore (giusto o sbagliato che sia, non sono molti i service che prendono una macchina da tre/quattromila euro solo per controllare i volumi, anche se poi ne spendono magari altrettanti per due microfoni; ma questo è un altro discorso). Possiamo però farci un'idea di come stiamo andando con i nostri volumi con un semplice microfono di misura, un fonometro economico, un portatile con scheda e qualche software. Ne indicherò due: uno perché è fra i più usati nelle nostre regie, e uno perché è gratuito (ma molto ben fatto). Ovviamente la cosa si può fare anche con una DAW in direct monitoring con qualche plugin di misura, dipende da come siete comodi. Il punto non è il come, ma il farlo! OVVIAMENTE (ma non per tutti è chiaro, quindi per alcuni per ora scriverò ovvietà) in entrambi i casi serve una calibrazione iniziale con un fonometro esterno: alla scheda arrivano valori diversi a seconda di come è impostato il gain del canale al quale avete collegato il microfono, a seconda dei volumi interni al routing, ecc: una scheda legge solo un valore dbFS (Full scale: una scala che termina con il clip del canale). Siete voi che dovete dirgli: "ecco, quando leggi -12 sul tuo canale interno, noi qua dentro siamo invasi da 120db". Quindi, imparate a calibrare, e prendetevi un fonometro economico. Non stiamo, appunto, facendo i consulenti di tribunale: vogliamo solo capire cosa stiamo combinando. A mio personalissimo avviso, potremmo mandare dall'impianto un pink noise intorno ai 95db, lasciando sulla scheda abbastanza margine perché si possa avere qualche sforo in alto senza clip. Quindi, ad esempio, mandare il rosa dall'impianto affinché il fonometro esterno segni 95db, impostare il gain della scheda perché il microfono di misura dia un -16 dbFS sul canale, e a questo punto tarare il software perché questi -16db li legga come 95db. In questo modo possiamo avere sulla scheda abbastanza headroom per gestire eventuali picchi durante il concerto. Prendo 95db(A) come riferimento generico - poiché valore consigliato anche al chiuso e francamente un valore di tutto rispetto, perché ci permette una buona pressione sonora senza esagerare con il volume verso l'audience; se però il valore che ci viene indicato da tenere è diverso (ovvero il valore che viene dato in deroga dall'autorità), possiamo impostare quello. Ora il punto potrebbe essere il tempo di integrazione; infatti la misura Leq è proprio direttamente legata al tempo in cui la misura viene campionata. Buon senso indicherebbe che dobbiamo impostarla almeno alla durata prevista dello show, così che durante la serata avremo costantemente la lettura aggiornata di come sta andando la MEDIA del nostro volume di sala. Ovviamente è poi essenziale capire dove posizionare il microfono di misura (o i diversi microfoni, se vogliamo avere una lettura a zone!). Il microfono potrebbe controllare il livello di inondazione sonora dell'audience se fosse posizionato a metà sala, tipicamente in zona regia: è un buon compromesso fra le prime file e le ultime... e se abbiamo un buon sistema line array le letture in queste diverse zone non dovrebbero nemmeno essere troppo diverse. Se abbiamo invece un recettore sensibile, ad esempio una casa con un vicino in odore di chiamare le forze dell'ordine, potremmo posizionarlo in quelle vicinanze... facendo tirare al ragazzo che ha appena cominciato questo lavoro qualche bel XLR da 50 metri. Un buon modo per testare il livello di passione per il lavoro, ben più di un colloquio in magazzino. Veniamo ai software che tendo ad utilizzare. 1. SMAART. Con questo popolarissimo software, possiamo impostare la lettura del meter su Leq; immediatamente si apre la finestra di calibrazione. Il vantaggio è che durante la lettura possiamo sempre tenere d'occhio l'analizzatore FFT tanto utile in questi casi; inoltre il software gestisce con facilità letture multiple da diversi microfoni. Lo svantaggio è che non abbiamo un tracciato visivo di come sta andando il volume, ma solo la sua lettura (a meno che non abbiamo Smaart SPL che ha questa funzione, ma non l'analisi; anche con Smaart comunque possiamo comunque creare un file di log con i vari valori misurati da tenere come prova scottante di quello che è successo!). www.rationalacoustics.com/smaart/about-smaart/ La schermata di Smaart con la lettura dei valori SPL; in questo caso - presa dal sito ufficiale del programma - si vede una lettura multizona, i relativi valori LAeq con integrazione, e un valore fissato con il margine di lavoro che il fonico può tenere. 2. REW è uno splendido programma per l'analisi, per di più gratuito, che consiglio a tutti. Ha la funzione di SPL meter che può essere aperta e impostata su Leq previa solita calibrazione. Inoltre, ha la finestra di log con l'andamento di vari valori, sia i picchi istantanei sia le varie Leq integrate nel tempo, e anche in questo caso questi valori possono essere salvati in un file di log. Infine, se avete uno schermo abbastanza grande, potete anche caricare la finestra di analisi FFT per l'analizzatore di spettro. Voilà! www.roomeqwizard.com La finestra di lettura di REW impostata in LAeq, con i valori del mio studio integrati in 30s. Si possono visualizzare anche i valori max/min e la pesatura; inoltre si può impostare un passa-alto a 9Hz che dovrebbe limitare eventuali rumori meccanici, movimenti del pubblico, ecc. La comoda schermata con il plot dei valori; per comodità ho selezionato di tracciare solo i valori istantanei (nero), il LASmax (giallo), e il nostro famoso LAeq (viola). Interessante anche dal punto di vista scientifico vedere come si muovono i valori nei loro rapporti relativi. Ecco, io credo che con questi semplici strumenti possiamo tenere d'occhio, al di là di quello che sentiamo (che comunque c'è poco da fare, è sempre la cosa più importante!!!) l'impatto sonoro che stiamo dando al pubblico o al vicinato. Ovviamente le nostre misure non hanno nessun valore legale, scientifico, nemmeno da discussione del bar; però possiamo almeno avere un riferimento verosimile al quale attenerci, e magari guadagnare qualche db in sul bel pezzo lento per poi sfruttarlo sul finale con brio prima di andarcene a nanna. Senza denunce. Guerre di volume, range dinamico e posizioni del Reparto sulla questione. Immagine: la waveform dello stesso pezzo in tre diverse versioni, diversamente masterizzate a seconda del periodo storico e del mercato discografico. Non è questa la sede per raccontare l'interessante storia della Loudness War, quella guerra non dichiarata che ha visto scontrarsi dagli anni '90 in poi tanti studi di mastering per far suonare più "forte" (qualunque cosa questo aggettivo voglia dire) le registrazioni: usando i potenti brickwall limiter, le compressioni look-ahead, i sistemi di soft clipping, ecc., che in quegli anni erano diventati ormai allo stato dell'arte, si è arrivati a far suonare un CD nell'ultimo mezzo dB disponibile sul supporto, ovvero 0,5dB di differenza fra il segnale più debole e quello più forte dell'intero disco!! Questo solo per il semplice motivo psicoacustico per cui l'orecchio tende a preferire un suono che suona più forte (ovvero, per essere corretti: con intensità superiore) rispetto a uno che suona più debole, poichè con un segnale forte l'orecchio e il cervello fanno meno fatica a decifrarne il contenuto (se non che, alla lunga, questo affatica l'ascolto, ma per ora fermiamoci qui). Un po' come in fotografia, quando si schiarisce una fotografia leggermente sottoesposta: fa niente se era migliore prima, a un occhio inesperto la fotografia più chiara è più appagante alla vista. Quindi le radio commerciali, i CD da mettere nei locali, i dischi alle feste... più suonavano alti più sembrava meglio: più vendibili. Il nostro orecchio è, ahimè, potentemente dinamico: possiamo percepire un range sonoro di 96dB (Guidotti, 2001; ma si vedano soprattutto i lavori di F. A. Everest). I grandi limiti dei supporti fisici, oltre alla banda in frequenza riproducibile, stavano anche nella loro limitata gamma dinamica: un vinile può riprodurre fino a 60dB di dinamica (lasciamo in questa contesto perdere il discorso della de-enfasi, e degli espansori di dinamica), ma un organo liturgico o una orchestra sinfonica può arrivare a oltre 80dB di dinamica! Come fare a farci stare questo grande pacchetto dentro quello più piccolo del disco? Bisogna in qualche modo "schiacciare" il segnale nei passaggi più forti per alzare il livello medio, per allontarlo dal rumore di fondo del supporto che cova negli stadi bassi, ed essenzialmente si usa la tecnica della compressione dinamica. Fin qui tutto bene, soprattutto considerando che oggi il CD normale a 16bit arriva ai fatidici 96dB (teorici) dell'orecchio umano, e che le registrazioni a 24bit (standard in studio, come usiamo anche noi al Reparto) hanno un range dinamico teorico di ben 144dB - anche se poi si riduce a 120 per altre questioni. Quindi, sembrerebbe che non ci sia più bisogno di compressione! Finalmente! O no? Purtroppo, a tutti noi sarà successo di ascoltare una nostra registrazione in ambiente rumoroso, con scarso sistema di riproduzione (in treno con gli auricolari, in macchina nel traffico): il risultato è che i passaggi più deboli si perdono nel rumore, si alza il volume e quando arrivano i segnali più forti il sistema va in distorsione oppure ci prende un infarto. Se invece ascoltiamo il programma di una radio, magari un network commerciale, notiamo che riusciamo ad ascoltare sia il lentazzo di Sanremo, sia un pezzo indemoniato di un gruppo metal finlandese tenendo lo stesso volume. Come è possibile? Perchè entrambi sono stati schiacciati e alzati/abbassati fino a farli suonare sempre in maniera identica (si veda l'immagine in apertura al post). In questo caso, la compressione estrema può anche funzionare. Ma se vogliamo parlare di registrazioni di qualità, pensate per essere ascoltate da orecchie di intenditori, su sistemi decenti, con attenzione all'ascolto, non possiamo per nulla accettare un tale processing su pezzi che magari voi avete suonato con tanta attenzione alle dinamiche. Ma non facciamo gli integralisti: anche un po' di compressione, se ben gestita, ha una sua bontà! Senza farla troppo lunga, anche nei progetti acustici la compressione sia in singola traccia sia su buss o master ha comunque le sue peculiarità, perchè nel tempo i compressori sono passati da sistemi correttivi a sistemi creativi, e spesso il suono che ne esce è ancora più interessante; ovviamente devono essere macchine / simulazioni di altissima qualità, in grado di correggere quando c'è bisogno e lasciare inalterato il segnale quando non necessario. Noi al Reparto prendiamo molto seriamente in considerazione la questione, soprattutto vista la nostra specializzazione nel registrare ensemble acustici. Per questo motivo per ogni registrazione, alla fine del processo di mixing (se avete deciso per un mastering esterno) o alla fine del processo di mastering (se avete deciso di fare tutto con noi), per ogni traccia vi forniamo un file di log con l'analisi ufficiale della dinamica del pezzo, con la valutazione della DR. In questo modo, al di là della percezione di come avete suonato o mixato il pezzo, potrete avere un riscontro misurato di quanta dinamica è stata preservata. Inoltre potrete confrontarla con quella di moltissime pubblicazioni, che vengono quotidianamente recensite su un apposito sito in continuo aggiornamento: http://dr.loudness-war.info/ Alla fine del lavoro, avrete quindi una valutazione simile a quella nell'immagine - che in realtà presenta un voto piuttosto basso, ma che ho preso velocemente da una pagina web :-) Più alto sarà il giudizio DR, maggiore sarà la dinamica del pezzo/del disco; queste informazioni vi verranno allegate nel file finale DDP del vostro progetto. (per informazioni sul DDP cliccate qui) La scala di range dinamico è la seguente: (immagine tratta dal sito loudness-war.info citato prima) . Ovviamente, a seconda dei generi musicali, si può interpolare la scala (chiaramente un pezzo di elettronica spinta non necessita la stessa dinamica di un pezzo di musica classica, e anzi troppa dinamica in quel caso potrebbe essere un problema nei locali dove viene trasmesso), quindi una scala "interpretata" potrebbe essere la seguente: . Per finire, qualche famosa pubblicazione con la loro relativa dinamica: Non è questo il contesto per fare un'ampia trattazione acustica e musicale sulla Dinamica, ma spero in questo modo di aver chiarito alcuni concetti, soprattutto per chi quando si affida a una registrazione teme sempre l'uso di compressione, la perdita di dinamica, o peggio suona senza dinamica per cercare di controllare questo parametro. Una buona dinamica è possibile, anzi, è a portata di mano!
- APPROFONDIMENTI - Sono molti i siti che affrontano con maggior precisione il discorso della dinamica nelle registrazioni, sia dal punto di vista artistico che tecnico ed elettronico/meccanico. Abbiamo volutamente fatto un riassunto e considerato la vicenda dal nostro punto di vista. Per approfondimenti di ordine tecnico, consigliamo la storia della Loudness War vista dalla parte di uno studio di mastering: http://curioza.com/3APLUSM/index.php/resources/loudness-war Uno dei possibili scenari per la fine della Guerra, soprattutto alla luce del lavoro di Apple con iTunes, e dell'importantissimo lavoro sul masteringi di qualità di Bob Kantz: https://www.soundonsound.com/sos/feb14/articles/loudness-war.htm E per finire, il documento conclusivo sul lavoro dei Livelli di ascolto, la EBU Recommendation R 28; basata sulla ITU-R BS.1770, è un importante passo verso la normalizzazione dei livelli voluta della European Broadcasting Union, il cui testo integrale lo trovate in PDF su: https://tech.ebu.ch/docs/r/r128.pdf Buona lettura! Il DDP: di cosa stiamo parlando? Con il progressivo diffondersi delle linee ADSL veloci, i master finali usciti dallo studio e pronti per essere mandati in stampa sono passati da essere supporti fisici (bobine, e poi CD) a essere semplicemente files. Questo è indubbiamente di una grande comodità, ma presenta anche alcune problematiche. Pensiamo al CD non tanto come "elenco di tracce", ma come a un progetto coeso e unitario, nel quale ad esempio le prime due tracce sono collegate fra di loro, la terza e la quarta staccate di un secondo, le quinta di dieci secondi, ecc... E magari vogliamo metterci una ghost track (quella che c'è PRIMA della traccia 1, e che quindi non si sente se non tornando indietro dall'inizio del CD, e non la hidden track che si mette dopo un po' di silenzio alla fine del cd). Insomma, molti progetti giocano con queste possibilità offerte dai "markers" dei CD (lead-in e lead-out) e trasferire semplicemente le tracce online sotto forma di singoli files farebbe perdere questa possibilità. Analogamente ai file ISO dei CD-ROM che forse alcuni conoscono, si era resa impellente la necessità di creare un file unico che fosse la copia esatta del disco fisico, con tutte le possibilità offerte da esso ma senza le problematiche che questo comportava, ad esempio possibili errori di scrittura in fase di masterizzazione oppure in fase di trasporto (di solito infatti i press plant in caso di invio del disco fisico ne chiedono più copie, per sicurezza). E' a questo punto che ci viene incontro il formato DDP (che non è un formato aperto ma è proprietario, sviluppato dalla Doug Carson & Associates, Inc., e per ora è uno standard de facto): un unico file - in realtà, una cartella, ma come tale facilmente comprimibile in uno zip - che racchiuda tutto, ma proprio tutto quello che sta in un cd: dai metadati (titolo, artisti, genere, engineer, ecc...) all'elenco delle tracce con relativa durata (un pratico file txt comodo da mandare agli amici SIAE), fino all'audio vero e proprio, con accumulo di dati in maniera ridondante e controllo degli errori tramite appositi checksum, così che possiamo stare tranquilli che quello che mandiamo sia esattamente quello che abbiamo ascoltato. Uso del DDP una volta usciti dallo studio Noi al Reparto alla fine di un lavoro vi rilasceremo il vostro lavoro proprio in questo formato, compilato con un software dedicato ad-hoc, oltre ad alcune copie fisiche per praticità create con un masterizzatore esterno professionale su un CD Audio (formato red-book). Teoricamente, a quel punto il vostro lavoro è finito: manderemo una copia del DDP direttamente all'impianto di stampa dei CD o al vostro produttore e potete stare tranquilli che se il DDP è scritto e verificato, il file che arriva è esattamente quello che abbiamo ascoltato insieme per l'ultima volta prima di chiudere il progetto. Però, se volete sentire quel DDP che abbiamo creato, ci sono alcuni passaggi da fare perchè non basta il classico lettore del vostro computer per aprirlo, decrittare i dati e farvelo ascoltare. Ma nessuna paura: ci sono ottimi software gratutiti che possono aiutarvi in questa cosa, e che noi dello studio vi consigliamo. Aprire e ascoltare un DDP ricevuto Una volta ricevuto il file (che quasi sempre vi manderemo in formato ZIP), scompattatelo: apparirà una cartella che avrà al suo interno i suguenti file: \ nome_file DDP \ CD traklist.txt (in questo file trovate l'elenco delle tracce con titoli e credits) DDPMS - questo è il file principale da usare DDPID IMAGE.DAT (questo è il file più grande e contiene le informazioni audio) MD5_CHECKSUM.MD5 PQDESCR Tralasciando in questa sede le descrizioni dei vari file, chè tanto per ora non ci interessa, procuratevi una utility per aprire e visualizzare il DDP. Noi vi consigliamo X Lossless Decoder (MAC): potete trovare la pagina del progetto qui Non preoccupatevi delle lunghe descrizioni nerd-style, andate a DOWNLOAD e installatelo. Nota bene: se OSX non ve lo lascia installare perchè non è un app ufficiale di Apple Store, dovete permettere al Gatekeeper l'installazione: una semplice procedura la trovare a questa pagina) A questo punto, una volta lanciato il programma, aprite il file DDPMS contenuto nella cartella del DDP e avrete sullo schermo tutte le tracce, con relativi metadati. Potete a questo punto ascoltare l'intero CD o le singole tracce con il player interno al programma. Registrazione di un CD e conversione in altri formati Le tracce possono essere a questo punto salvate su un normale CD audio: semplicemente cliccate sull'icona BURN in alto a destra. Oppure, potete esportarle in diversi formati fra cui MP3 e (vivamente consigliato) il FLAC che come forse saprete è un formato Lossless, cioè con compressione senza perdita. A differenza dell'mp3 infatti, i dati vengono compressi in maniera non distruttiva e quando vengono de-compressi sono esattamente uguali all'originale. A fronte di un peso di circa il doppio di un mp3@192, la qualità è decisamente superiore. Per convertire, selezionate il formato di output che volete nelle preferenze del programma, poi cliccate nel menù in alto a sinistra: Le prime 3 possibilità vi consentono di esportare le singole tracce in singoli file, mentre l'ultima crea un unico file FLAC con una file di playlist per scegliere la traccia all'interno di quest ultimo.
Aprire un DDP con Reaper La bellissima DAW di Cockos ha la possibilità di "aprire" un DDP per ascoltarlo; in questo caso si visualizza un solo grande file che corrisponde al contenuto del futuro CD, senza i lead in/out né i nomi delle tracce. E' quindi una soluzione un po' più basilare ma può funzionare benissimo per dare un ascolto finale, controllare la distanza fra i brani, ecc. Semplicemente, basta trascinare (oppure importare il media) il file IMAGE.DAT contenuto nella cartella del DDP dentro a una traccia audio di Reaper. Funzione comodissima per una veloce review! Conclusioni Il formato DDP, una volta conosciuto, è sicuramente un modo potente, sicuro e affidabile per spostare online il nostro delicato lavoro ed è attualmente (inverno 2016) il formato preferito dagli studi e dagli impianti di riproduzione dei dischi. Una volta provato ad utilizzare, abbiamo trovato X Lossless Decoder molto pratico e quindi lo consigliamo a tutti i nostri clienti. Per qualunque informazione riguardo a questo argomento scrivetemi! Ovvero: come fare una scheda tecnica che serva davvero! Ho deciso di scrivere questo post dopo che, in quindici anni di live, sono passate fra le mie mail le schede tecniche più assurde dell'universo. Si va dalla coverband di paese che copia quella degli U2 e quindi ti chiede microfoni Shoeps e impianti line array, fino a quella del super professionista che scrive solo che gli serve la sedia (per poi scoprire che non ha con sè neanche il plettro e si chiede come possa essere che il service non glielo fornisca). Ho pensato quindi di fare un piccolo tutorial per la scheda tecnica (o rider, come si dice in gergo quando comprende anche questioni di alloggio, catering, vitto ecc...). Qui e là in questo post metto anche alcune schede di professionisti con i quali ho lavorato (niente preso da internet!) che mi sembrano interessanti per come sono scritte. Ecco, quindi, le regole d'oro! 1. SCRIVETE NELLA SCHEDA SOLO QUELLO CHE VI SERVE DAVVERO. Se non avete un vostro fonico, è inutile che chiediate al service particolari compressori, equalizzatori, mixer o microfoni: che ve ne frega? Certo, magari adorate il suono di un Beta81, ma se il fonico del service non lo conosce bene, o se a lui invece non piace, o ancora non va proprio d'accordo con i sub dell'impianto o con la venue dell'evento, non farà un buon lavoro. Curate i vostri suoni, i vostri ampli e tastiere, e lasciate che tutto quello che venga dopo sia curato dal service. Cercate piuttosto di essere chiari su quello che vi serve assolutamente, per esempio indicando chiaramente i vostri ascolti (in-ear, monitor fisico, ecc...), il numero di canali con relativo assegnamento (channel list), e la vostra disposizione sul palco, con uno schema chiaro e leggibile. Se siete in tanti, pensate alla disposizione di palco non solo per quanto riguarda la vostra performance, ma considerando anche problematiche acustiche e di amplificazione: per favore, non mettete il vibrafono accanto alla testata-cassa del chitarrista! 2. NIENTE RICHIESTE ASSURDE, NIENTE COPIA-INCOLLA! Nelle produzioni di alto livello, o almeno quelle in cui ho avuto la fortuna di lavorare, il setup è curato da una produzione che decide un budget, fonici, backliner etc. Eventi di questo tipo hanno quindi di solito un responsabile di produzione e un fonico residente e penso che lascerete fare a loro il lavoro. In quelle situazioni è ovvio che ogni richiesta va bilanciata prima del tour fra il service che vi seguirà, il vostro fonico e le vostre esigenze: non è il caso di parlarne qui. Se invece siete una band SENZA una vostra produzione, o al massimo con il vostro fonico di sala, è inutile che prendiate una scheda tecnica di alto livello e copiate richieste, marche e modelli. Probabilmente i 3/4 dei service che incontrerete non possiedono un line array V-Dosc, un mixer Digico SD9 e qualche outboard paura come un Manley Voxbox per la voce del cantante e un Amek CIB per il basso... eh, noi sì, ma è un'altra storia :-) Semplicemente è inutile, avete scritto cose che giustamente verranno ignorate dal service. Non scopiazzate da altre band, o peggio da band di alto livello, perchè non è detto che quelle richieste e quel tipo di canali, compressori, microfoni vada bene anche a voi. Quando ho seguito alcune date di Francesco Renga, in sala sulla sua voce c'era un Avalon 737. E' una macchinina da duemila euro, non è che proprio potete pretendere che tutti i service l'abbiano in insert nel banco. Chiedetela in studio, se proprio vi piace, ma non senza aver prima ascoltato altre macchine che il fonico di registrazione vi potrebbe proporre. Se avete qualche preferenza in fatto di microfoni, non è detto che il microfono che vi piace così tanto in studio o in sala prova vada altrettanto bene su un palco: quindi, indicatelo pure ma lasciate che il service decida per voi! Molto spesso un fonico con un microfono che non conosce o non ama fa più danni che con un microfono normale! Mi è capitata questa cosa anni fa, con una band che si presenta con un super-vintage Telefunken... ora, in questo caso dico "super-vintage", in senso dispregiativo: era un rottame degli anni '60, elettronica andata, capsula pure: niente di buono. E anche se fosse stato nuovo, probabilmente poteva funzionare solo in studio. Così, con gli spippolamenti del caso, ero riuscito a non farlo fischiare nei monitor (era un cardioide ma molto molto aperto), e a fare uscire qualcosa simile alla voce nell'impianto. Insomma, sarebbe andato moooooooolto meglio un buon SM58 e buonanotte. Considerate anche le problematiche dell'amplificazione, dei palchi, dei tendoni: sono cose che probabilmente il service ha già preso in considerazione mentre voi perdete solo del tempo a questionare... salite sul palco e fate un buon soundcheck, per tutto il tempo che vi serve (questo sì, esigetelo anche dagli organizzatori), perchè fatto un buon soundcheck siete a metà dell'opera. 3. SIATE PRECISI E PRETENDETE PRECISIONE I service hanno spesso con sè qualche valigetta di "paraculate varie". Io personalmente non giro MAI senza. Un buon set di connettori, adattatori, cavi particolari, cavi test ecc... Ma non appoggiatevi esclusivamente sul service! Ho incontrato chitarristi che non avevano nemmeno il loro jack per andare all'ampli. Ora, a parte che il cavo giusto potrebbe anche cambiare qualcosina nel vostro suono, e vi consiglio di inserirlo nel vostro setup, a volte capita che il service non abbia cavi, adattatori, alimentatori anche per voi! Con un famoso artista americano (sono un signore, niente nomi), durante un festival, uno degli alimentatori della sua pedalina effetti ha dato forfait. Avevamo alimentatori 12/220 V di scorta, peccato che i suoi pedali funzionavano appunto con la tensione americana, 110V. Il tipo quasi si è scocciato che non avessimo prese e alimentatori per la Cina, la Manciuria, la Gallia e soprattutto per Atlantide. Pazienza, togli il tuo bel Big Muff amico mio (ahi ahi, ho dato troppi indizi! Chi indovina di chi si tratta vince un pandoro). Quindi scrivete sulla scheda tutto quello che vi potrebbe servire, anche se gli ampli devono essere rialzati o hanno bisogno di attenzioni particolari. Siate vincolanti con le richieste, perchè se siete precisi è giusto che richiediate la stessa precisione anche dai tecnici. Alcune testate da basso non gradiscono l'alimentazione Phantom +48V, è risaputo, eppure succede ancora che qualcuno connetta il segnale alla presa DI out con inserita quella alimentazione. Siate molto chiari, oppure meglio ancora scrivetelo con lo scotch vicino alla DI out della vostra testata! Indicate i punti corrente che vi servono sul palco, le varie entrate e uscite di segnale, e soprattutto se certe zone di palco devono essere lasciate assolutamente libere da cavi o monitor (per il corpo di ballo, proiezioni, o per le evoluzioni rock del vostro chitarrista solista). Un service non ha voglia di mettere giù cavi dove sa che dovrà spostarli, quindi eviterete di buttare via del tempo e di questionare per spostare quattro teste mobili appoggiate proprio dove dovete proiettare! Infine, siate puntuali. Sono tutti lì per voi - i tecnici il pomeriggio, l'elettricista la mattina, il vostro pubblico pagante la sera. I tecnici potrebbero anche avere altro da fare e se ritardate il soundcheck va solo a vostro discapito, perchè si farà tutto di fretta... E INFINE LA REGOLA D'ORO: NON SIAMO NEMICI! Lo so, non tutti i tecnici sono tranquilli e a volte vengono da nottate pesanti. Ma vi assicuro che nemmeno tutti i musicisti sono così simpatici :-) La regola principale è quella del rispetto e della comprensione reciproca. Certo, dopo che avete detto per sei volte al fonico di palco che la voce in in-ear è troppo metallica e ancora non cambia nulla, un vaffanculo ci sta. Ma in generale stiamo tutti lavorando per la stessa cosa, IL VOSTRO EVENTO, IL VOSTRO SOUND, LA VOSTRA PERFORMANCE. Nessuno vuole lavorare male, se come noi adora questo lavoro! Quindi cercate di capire i limiti che vi impongono (uno per tutti: i volumi sul palco! Così facendo, sappiatelo, state rovinando tutto anche fuori. Non credo siate tutti i giorni su un palco grande come quello del Primo Maggio...), e cercate di far capire anche i vostri limiti. Uno show che finisce con una stretta di mano e un arrivederci alla prossima piace a tutti. Un altro blog di acustica? Ma per fare? Facebook ormai è pieno di commenti a dischi, impianti, e macchine di registrazione.
Il nostro vorrebbe essere un blog - mammamia!!! - diverso... Quello di cui ci piacerebbe parlare è la musica suonata, le problematiche tecniche e acustiche della ripresa, i consigli dei tecnici ai musicisti e i suggerimenti dei musicisti ai tecnici. Le questioni di acustica architettonica, le problematiche di inserimento di un impianto hifi nella propria abitazione, di un impianto nel proprio locale, di isolare correttamente una sala prove. Non tanto una serie di tutorial, quanto un laboratorio di idee e uno spazio di confronto. Chiunque voglia collaborare è gradito. I commenti sono moderati per la sola ragione che si vuole tenere un livello di discussione civile, e quando si parla di audio spesso saltano fuori i peggiori fondamentalismi. Il vinile è morto! Viva il vinile! Io ascolto solo la ceralacca, tutto quello che è venuto dopo è distruzione del suono! Io ascolto solo con un impianto cefalico di streaming nel nervo acustico, voi ancora con le valvole non capite niente! Insomma, c'è bisogno che qualcuno spenga gli incendi, qui dentro. Buona lettura. |
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Marzo 2020
Diego.
Architetto, studi in acustica e in acustica architettonica. Fonico, piccolo audiofilo, fondamentalmente un appassionato. |